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GLI EREDI DI ARCANIA – I SETTE PRETENDENTI (PARTE 8)

written by Redazione Febbraio 25, 2021
Eredi di Arcania 8 - copertina

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Irrompo nel campo del torneo puntando direttamente verso i pretendenti.
Le mie vittime sono già in posizione per la seconda prova: il tiro con l’arco. Fermi, in piedi come agnelli pronti per andare al macello, sono schierati tra la gradinata dei dignitari e la zona delle sfide vere e proprie.
Tra gli arcieri e il pubblico svettano allineati gli stendardi di ciascuna casata, che garriscono al vento uno accanto all’altro, stabilendo le postazioni di tiro dei partecipanti. Ognuno di essi dovrà scoccare tre volte in successione, contro bersagli distanti cinquanta, cento e centocinquanta passi, ma probabilmente saranno morti ancora prima di effettuare il primo tiro.

Come da tradizione, la corsia centrale è stata assegnata alla casata uscente, rimanendo quindi vuota. In questo modo, come per le altre prove, gli aspiranti sovrani risultano divisi in due gruppi da tre: da un lato il tridente dei marinai Udrae, la fiamma dei fabbri Yrae e il salmone dei mercanti Dhanab; dall’altro il libro aperto, simbolo dei sapienti Drobius, il ferro di cavallo della Sherasiph, casata dei cavalieri delle pianure e, infine, la testa dell’Idra dei mistici Shuja delle paludi orientali.

Sono bersagli facili e, per quanto mi sforzi di cambiare direzione, il marchio sul petto brucia costantemente, obbligandomi ad assecondare la volontà dell’Erede rinnegato. Non ho idea di come sia riuscito a imprimere su di me il marchio degli schiavisti, così come ignoro quale sostanza sia stata capace di neutralizzarmi, ma per quanto cerchi di riprendere il controllo, il mio corpo non obbedisce.
Ingenuamente, le guardie della casata Alpherd mi fanno passare senza notare il marchio brillante inciso a fuoco sul mio petto. Incaricati di mantenere l’ordine in quanto neutrali nella contesa, i soldati dalle livree rosse e avorio sono abituati alla mia presenza e non prestano l’attenzione che dovrebbero ai dettagli, ma forse è meglio così. Temo li avrei uccisi se avessero provato a fermarmi, così come credevo Alrhan mi avrebbe costretta a combattere contro Aaron, ma sembra che il reietto abbia ben altro in mente.

Per fortuna, la mia presenza non passa inosservata: non dovrei essere qui e questo non sfugge ai nobili seduti sugli spalti, che vedendomi puntare a passo svelto gli arcieri iniziano a parlottare sommessamente. Solo Anya Alpherd, alchimista e sorella minore di Alrhan e Darren chiama a gran voce il mio nome. L’Erede non dovrebbe interferire con il torneo. Il protocollo esige che io resti vicino alla bianca stele aspettando il vincitore, per istruirlo su cosa lo aspetta quando poggerà le mani sulla pietra.
Per questo la mia presenza lascia interdetti gli spettatori, ignari di quanto sta per accadere. Se non fosse per l’acume di Nikola Drobius, nessuno capirebbe nulla fin quando non fosse troppo tardi. Invece, notando la mia mano stretta sull’elsa della spada, tra lo stupore generale, lo stregone dalla folta barba rossa e le ampie vesti scarlatte scatta in piedi, protendendo la sua mano destra nella mia direzione mentre recita la formula di un incantesimo. Un attimo dopo, la sua sfera di fuoco saetta nell’aria sfrecciando verso di me con implacabile precisione.
I miei riflessi da rettile sarebbero abbastanza veloci da permettermi di evitarla, ma con tutta me stessa sto cercando di sopprimere i miei istinti guerrieri, forzandomi a restare immobile.
Lottare contro il mio corpo richiede uno sforzo di volontà enorme e la sofferenza derivante dall’esplosione di fiamme arcane, che mi avvolgono in un inferno rovente, è una ricompensa a dir poco atroce. Questo perché la capacità di guarire dalle ferite più orrende non è associata all’abilità di ignorare il dolore. In pratica posso sopravvivere a qualsiasi cosa, il limite dipende solo da quanto la mia mente sia capace di sopportare.

Il lato positivo è che, per quanto si sia svolto in pochi attimi, l’improvviso spettacolo pirotecnico accompagnato dalle mie urla cariche di dolore, attira l’attenzione dei pretendenti privandomi almeno dell’elemento sorpresa. Spero, in questo modo, che i contendenti abbiano almeno una possibilità di difendersi e mentre lo penso spingo il mio corpo a ripetere la formula usata da Alrhan Alpherd per incatenarmi alla sua volontà, giusto per rendere lampante la minaccia. Mentre il fuoco mi divora la carne, sento la forma astrale dell’Idra ruggirmi dentro la testa. La creatura è frustrata quanto me dall’impossibilità di spezzare le catene spirituali usate dall’Erede rinnegato per intrappolarci, ma la sua furia riesce solo a deconcentrarmi.

Lo so, sono stata stupida a non essermi sincerata della morte di Alrhan due anni fa, ma dopo averlo praticamente tagliato in due e gettato in una cascata, ai miei occhi le possibilità che fosse sopravvissuto erano quasi inesistenti. Mi rendo conto che una piccola parte di me, quella che ancora prova qualcosa per lui, abbia sempre sperato di non averlo ucciso… ma di certo avrei preferito non rivederlo mai più.
Aaron mi ha ripetuto più volte quanto sia stata stupida a innamorarmi di pazzo del genere ma, sfortunatamente, alcune battaglie non si possono scegliere, vanno semplicemente combattute. Ho dovuto lottare contro i miei sentimenti per ribellarmi ad Alrhan e riuscire a sconfiggerlo, così come adesso sto combattendo per riprendere il controllo del mio corpo, tentativo nel quale fallisco miseramente.

Per fortuna, emergendo dalle fiamme completamente e orribilmente ustionata, scateno nei dignitari un’ondata di panico tale da indurre la maggior parte della gente a fuggire, limitando così il numero delle potenziali vittime.
I miei indumenti e l’armatura di cuoio sono stati ridotti in cenere dal calore, ma mentre il mio corpo ormai nudo guarisce sotto gli occhi dei presenti, il potere dell’Idra muta la mia pelle in una spessa corazza a scaglie dal sinistro colorito verdastro. Le sottili pupille dei miei occhi da rettile scrutano l’ambiente confuse dal calore delle fiamme e, prima che queste si estinguano, lo stregone rosso gesticola nuovamente evocando una serie di falò roventi intorno a me.
Sembra che Alrhan non abbia pensato che gli altri esponenti delle casate si sarebbero potuti intromettere, concedendo così una possibilità di sopravvivenza ai pretendenti tra i quali Shir Sherasiph, che è il più rapido a reagire.

«Il fuoco confonde i suoi sensi!» urla Nikola, spingendo l’unico vero arciere tra gli aspiranti sovrani a piantarmi una freccia nella testa, sola parte del mio corpo non coperta dalle scaglie. Sento il dardo attraversarmi la fronte penetrandomi dentro il cranio, offuscando la mia mente. Questo fa malissimo, tanto da indebolire per qualche attimo la magia del marchio restituendomi in controllo.
«SCAPPATE! NON RIESCO A CONTROLLARMI!» urlo a denti stretti mentre un secondo e un terzo colpo mi raggiungono in pieno petto senza sortire alcun effetto. Con la prima freccia ancora conficcata tra le sopracciglia, avanzo di un passo mentre tutti e sei i pretendenti mi bersagliano, osservando le punte metalliche dei dardi rimbalzare inefficaci sulla mia pelle corazzata.

I sei continuano a tirare, ripiegando ordinatamente sotto il comando di Dalilah Dhanab, guadagnando tempo affinché i soldati delle delegazioni accorrano al campo da ogni direzione. Potranno anche essere molti più di me, ma nei loro occhi leggo la paura: molti ricordano ancora cosa accadde quando l’Erede rinnegato scatenò il potere dell’Idra contro le casate Sherasiph e Yrae, provocando una devastazione tale da lasciare scossa l’intera popolazione del regno. Motivo per il quale i miei genitori cacciarono me e mio fratello appena compresero cosa i loro figli fossero diventati.

Sfilandomi la freccia dal cranio, prendo un respiro profondo lasciando che la magia guarisca la profonda ferita alla testa, concedendo un momento perfetto ai pretendenti per riorganizzarsi. Shin continua a bersagliami mirando agli occhi, ma questa volta sono pronta e, impugnando la spada dell’Idra, devio senza sforzo i suoi attacchi volti a tenermi impegnata, per coprire gli altri pretendenti che abbandonano gli archi correndo a recuperare le loro armi. Martelli, mazze e spade con cui i pretendenti al trono credono di potermi fermare.
Speravo avrebbero capito e sarebbero fuggiti finché potevano, ma devo dire che ciascuno di loro si dimostra un vero condottiero quando fa indietreggiare i propri uomini, scegliendo di lottare in prima persona contro di me.

La spada dalla nera lama dentellata stilla veleno, mentre la punto verso le mie prossime vittime che si fanno avanti attaccando tutte insieme. Scartando lateralmente, evito il poderoso colpo del martello a due mani di Ylam Yrae mentre paro con eleganza gli affondi della spada di Ullia Udrae e della lancia di Dalilah Dhanab. Mi abbasso per schivare l’ennesima freccia scoccata dall’arciere, bloccando con la mano libera la mazza da guerra goffamente brandita da Dargan Drobius. Fermandomi per mordere sul collo quest’ultimo, scorgo il suo sguardo spostarsi verso sinistra. Reagendo rapida, muovo la mia vittima sulla traiettoria dei pugnali di Sharim Shuja, che si piantano dolorosamente nel ventre del suo alleato. Lasciando la presa sul massiccio uomo delle montagne, mi volto parando l’affondo della lama argentea di Ullia, che mi guarda negli occhi lasciando libero il potere della maledizione contro cui lotta ogni giorno.
Il corpo della ragazza diviene simile a nebbia, permettendo al massiccio martello a due mani brandito da Yram di attraversarla e centrarmi in pieno petto. Sento le costole spezzarsi come ramoscelli mentre volo indietro, finendo per rotolare un paio di volte sul terreno e restando stordita per un attimo prima di riuscire a rialzarmi. Il mio corpo guarisce rapidamente, ma non abbastanza e la lancia di Dalilah Dhanab si pianta nel mio ventre inchiodandomi al suolo.

«Il sigillo degli Hurd! Devo rimuoverlo affinché l’Erede torni in sé», esclama Nikola accorrendo al mio fianco.
Mentre lotto per liberarmi, i pretendenti mi saltano addosso cercando di trattenermi, concedendo tempo allo stregone rosso per cercare di infrangere il marchio.
È un buon piano, peccato che non avranno il tempo di metterlo in pratica.

Alrhan non è uno sprovveduto e per questo ha nascosto un lupo tra gli agnelli. Le lame di Sharin Shuja si piantano nella schiena di Nikola interrompendo, nello stupore generale, il tentativo di liberare la mia mente.
Il pretendente shujano approfitta dell’elemento sorpresa per ferire anche la Dhanab, obbligando gli altri a indietreggiare e permettendomi di liberami.
Gli altri pretendenti soccorrono lo stregone, ferito quasi mortalmente come il campione della casata, dandomi modo di rialzarmi e tempo per guarire. Hanno perso il loro vantaggio e, spaventati, indietreggiano verso i soldati delle casate, ancora schierati e pronti a intervenire.

Il tradimento inaspettato di Sharin porta i quattro guerrieri a guardarsi con sospetto, chiedendosi chi potrebbe essere il prossimo.
Invece di raggrupparsi e attaccarmi, gli aspiranti sovrani si allontanano, dando modo ai mercenari Hurd di riversarsi dall’accampamento Shujano contro il fianco delle forze di Naler. Abbandonando il proprio travestimento, gli schiavisti sfruttano il momento di incertezza per caricare urlando le divise milizie delle casate, travolgendo le forze nemiche prima che possano rendersi conto di cosa stia accadendo.

Se non fosse per l’intervento di Darren e Anya Alpherd, il piano di Alrhan funzionerebbe alla perfezione.
I due giovani rampolli della casata uscente si fanno avanti accompagnati dalla loro guardia personale. I soldati dalle uniformi rosso e avorio aggrediscono alle spalle l’orda di invasori, dando modo a Dalilah Dhanab di ordinare ai propri uomini e donne di contrattaccare e ai guerrieri della Sherasiph di disingaggiarsi, allontanandosi dal campo del torneo.

Nella confusione generale, io e Sharin attacchiamo nuovamente, trovandoci davanti i soldati della Drobius, che lottano e muoiono con onore per proteggere i propri leader feriti.
Gli apprendisti di Nikola usano catene di pura magia del fuoco per intrappolarmi, riuscendo a rallentami quanto basta affinché la giovane Anya aggiri i combattenti raggiungendo i feriti.
«Anche lo Shujano è stato marchiato: Alrhan Alpherd ha ordito questo tradimento», li avverte la ragazza dai lunghi capelli biondi e dagli occhi cerulei che, avvicinandosi allo stregone rosso, sparge sulle sue ferite una fiala di liquido dorato.
Suppongo che dietro questo soccorso inatteso ci sia lo zampino di Aaron e rompendo le catene di fuoco che mi trattengono, carico la ragazza che è stata per me come una sorella minore.

Mi chiedo dove sia adesso mio fratello e se stia affrontando da solo il rinnegato, tirando un sospiro di sollievo quando la lama dell’Idra viene bloccata dalla spada di Ullia Udrae.
«Se combattiamo divisi cadremo! Solo uniti abbiamo una speranza di sopravvivere», urla la ragazza ordinando ai propri uomini di ubbidire agli ordini di Darren Alpherd. Lo stesso fanno Ylam Yrae e Dalilah Dhanab, lasciando i loro soldati al comando del ragazzo dai lunghi capelli biondi che, combattendo in prima linea, grida ordini raccogliendo intorno a sé le forze naleriane, lasciando al contempo che siano i pretendenti a occuparsi dell’Erede.

Approfittando della confusione, Sharin Shuja sembra essersi dileguato e i quattro aspiranti sovrani si preparano ad affrontami, spalleggiati dalle milizie della Drobius: credono di poter vincere in virtù del numero.
Sono degli idioti! Non hanno studiato la storia? Alrhan Alpherd difese i confini di Naler contro la più grande invasione Hurd della quale si avesse memoria. Sotto il suo comando le milizie delle casate combatterono come un vero esercito, bilanciando punti forze e debolezze reciproche… ma la vittoria finale giunse quando lui affrontò personalmente i leader dell’orda. Tutti quanti in una volta sola.
Lo fece usando un dono di cui anche io sono in possesso e del quale Aaron è profondamente invidioso, ma non oso immaginare di cosa sarebbe capace mio fratello se possedesse questo potere.

Leggo l’orrore sui volti dei pretendenti quando inizio a replicarmi. Li osservo indietreggiare, incapaci di accettare la realtà delle cose: non devono più affrontare una, bensì cinque Eredi dell’Idra contemporaneamente.
Prima d’ora avevo usato la tecnica delle cinque teste solo una volta, moltiplicandomi per domare una mandria di bufali impazzita che minacciava di travolgere un piccolo villaggio. Il fatto che Alpherd sia riuscito a farmela usare mentre controlla il mio corpo, testimonia quanto il rinnegato conosca i doni dell’Idra meglio di noi, compresa l’abilità della mia spada di incanalare il mio potere, in questo caso duplicandosi con me. Dopotutto il principe folle aveva ottenuto il rango di Erede due anni prima di noi, tradendolo pochi mesi prima della nostra morte.
A sua discolpa bisogna dire che il vecchio re era un idiota e l’aver lasciato che la moglie tornasse da sola alla propria casata, nel tentativo di porre fine agli scontri con i vicini duchi Yrae, non era stata una mossa furba.
La morte della madre scatenò la follia del figlio, che per le azioni di un singolo fanatico quasi annientò due casate. Per dieci giorni imperversò come una furia, sfruttando tutti doni dell’Idra per massacrare impunemente degli innocenti.
Non so se fu il primo erede ad andare fuori di testa, ma di certo la creatura non gradì questo comportamento, riprendendosi brutalmente quanto elargito all’uomo che aveva sfidato le paludi shujane per cercarla, rischiando la vita affinché gli conferisse il potere necessario per proteggere Naler dagli invasori.

Quando i miei duplicati partono all’attacco, il sangue delle sette casate bagna l’erba del campo bianco.
Mentre i soldati Drobius muoiono, lo stregone rosso si rialza richiamando intorno a sé i propri allievi per incanalare il potere delle fiamme nelle armi di chi li circonda, pretendenti compresi.

Con lo scontro ancora in bilico, Raan Sherasiph, patriarca dell’omonima casata, ritorna alla guida dei propri cavalieri la cui carica affonda nel fianco della formazione Hurd mandando in rotta gli schiavisti. L’anziano quanto arrogante cavaliere mi attacca direttamente, lanciandosi contro uno dei miei corpi in groppa al proprio stallone dal lucido pelo nero.
Sotto gli occhi del figlio, il genitore rovina nella polvere con le gambe mozzate, quando la mia copia evita l’attacco e, scartando lateralmente, taglia a metà il destriero con un singolo fendente.

Ognuna di queste azioni contro il popolo di Naler provoca lancinanti fitte di dolore allo spirito dell’Idra, la cui forma astrale si lacera sempre di più, perdendo via via consistenza. Dopotutto, la creatura è intrinsecamente legata alla popolazione del regno, un rapporto simbiotico che regola il precario equilibrio di tutta Arcania.
Sopravvissuto per un soffio al cataclisma che spazzò via i draghi, questo mondo potrebbe non sopportare altri disastri.
Secondo il mito inciso sulla bianca stele, le più potenti creature superstiti di quella tragedia globale si assunsero la responsabilità di controllare e regolare il flusso di magia primordiale che rende fertili e abitabili le terre di Arcania. Il patto esiste affinché questo mondo sopravviva ed è basato su un fragile bilanciamento di poteri, sempre più in bilico man mano che le generazioni si susseguono e queste storie vengono dimenticate o bollate come favole per bambini.

Uno dei miei corpi viene abbattuto dall’assalto combinato dalle pretendenti Udrae e Dhanab, aiutate dalla pioggia di fuoco scatenata da Nikola Drobius. Un altro viene tramutato in oro dalla magia alchemica di Anya e, successivamente, mandato in frantumi dalla furia di Ylam Yrae.
Mezza dozzina di cavalieri Sherasiph cadono per dare modo ai compagni di tempestare una terza me con una pioggia di frecce incendiarie.

Mentre osservo i miei doppioni cadere, la domanda che mi pongo è perché Sharim Shuja sia scomparso. Mi chiedo quale ruolo abbia in serbo per lui Alrhan e temo, nonostante gli Hurd siano in fuga ed io mi trovi in difficoltà, che la battaglia sia tutt’altro che vinta.

L’Erede rinnegato è un tattico brillante, che raramente scende in campo senza avere la certezza della vittoria. Lo so perché lo conosco bene e un tempo mi fidavo ciecamente di lui. Ero arrivata a credergli, ad appoggiarlo nel suo disperato desiderio di rivalsa. Come Aaron adora ricordarmi, ero solo una stupida ragazzina innamorata che credeva di poterlo aiutare a redimersi.
Io e mio fratello eravamo cresciuti ascoltando le storie delle sue imprese e, quando lo incontrai, mi persi nell’azzurro dei suoi occhi ammantati di mistero.
Solo in seguito scoprii la follia celata dietro il suo sguardo, venendone completamente risucchiata. Aaron comprese la verità ben prima di me: Alrhan mi stava manipolando con lo scopo di riprendersi il potere, il dono dell’Idra che considerava suo di diritto. Minò le mie certezze, orchestrò i miei fallimenti, annientò la mia fiducia in me stessa, portandomi a dubitare di essere degna del mio rango. Sottilmente, mi portò a credere che sarebbe stato meglio cedere i miei obblighi, restituendoli a qualcuno più abile e meritevole senza mai nominare se stesso.
Aaron cercò di mettermi in guardia dal pericolo che stavo correndo, ma io non gli diedi ascolto. Il fascino esercitato su di me da Alpherd e i sentimenti che provavo nei suoi confronti mi avevano resa cieca e sorda.
A mia difesa, devo dire che quel consiglio venne fornito durante la visita a corte dell’ambasciatore Arteide, che io difesi dal tentativo di assassinio da parte proprio di mio fratello e, forse, per questo sul momento non gli diedi molto peso.

Fortunatamente, come ha sempre detto, Aaron non permise che qualcun altro mi uccidesse, neanche il Rinnegato a cui avevo ceduto il mio cuore e del quale troppo tardi compresi il folle piano.
Forse mio fratello avrà capito quali siano questa volta le intenzioni di Alrhan e spero riesca a sventarne nuovamente i piani, perché in questo momento ogni oncia della mia volontà è impegnata a lottare contro i miei stessi corpi, impedendomi di compiere un massacro.

Sono certa che i pretendenti siano fieri di avere fatto a pezzi tre dei miei duplicati, ma non ci sarebbero mai riusciti senza che io li rallentassi. Sto cercando di rendermi più goffa e meno reattiva, provo a trattenere gli affondi, a spostare lievemente le traiettorie dei fendenti, cercando di ferire senza uccidere, ma riuscirci è incredibilmente difficile e non sono certa che la mia volontà, da sola, possa reggere ancora per molto. Ho bisogno di aiuto e l’unica creatura a cui potrei rivolgermi odia chi non è capace di prendere in mano il proprio destino. Eppure lei stessa, o almeno la forma astrale presente nella mia mente, appare sempre più debole e perfino i suoi ruggiti sono divenuti ormai rantoli carichi di odio.

Alla fine ci ritroviamo in tre, circondate dai nemici.
Aggredisco istintivamente Anya, conficcandole la spada nel costato e quando Ylam prova a colpirmi, una seconda me intercetta e devia il suo attacco mozzandogli una mano, impedendogli di brandire ancora il suo pesante martello da guerra.
Gli arcieri Sherasiph ci tempestano di frecce, ma la magia dello stregone rosso è sempre più debole e i suoi apprendisti sono quasi tutti morti o moribondi. Questo rende il fuoco magico debole, incapace di superare la mia pelle a scaglie. La terza me riesce quasi a tagliare in due Ullia, ma ancora una volta la sua abilità di trasformarsi in nebbia la salva per un soffio, lasciandola comunque zoppicante per una profonda ferita alla gamba destra.
Nonostante mi sforzi di impedirlo, ucciderò i pretendenti. Sono sempre più stanchi e privi di aiuto. Quasi tutti i miliziani Drobius sono morti, così come i cavalieri Sherasiph, e i soldati delle altre casate hanno inseguito gli Hurd in rotta.
Purtroppo posso ancora vincere, o almeno potrei, se il pretendente Shujano non avesse rivelato il proprio ruolo nel piano del Rinnegato.

Quando Sharim tocca la stele dei re, con la mano sporca del sangue di Dargan pieno del mio veleno, il bianco della pietra diviene rapidamente un cupo grigio simile al colore delle giornate di tempesta.§
Il sigillo inciso nella mia carne pulsa debolmente e, per un attimo, sento qualcosa cambiare nel mio corpo, sento l’Idra gemere di dolore e non capisco il perché, ma d’un tratto la creatura svanisce dalla mia mente e io sento parte della mia anima venire strappata via dal corpo.
Non ho mai provato un dolore simile, capace di paralizzarmi completamente.
I miei duplicati si contorcono e svaniscono mentre con la mente torno alla notte in cui il vecchio re mi condusse qui per la prima volta. Il dolore che provo è lo stesso di quei momenti e, prima di potermene rendere conto, il marchio degli schiavisti avvampa, ustionando dolorosamente la mia carne nuda, tornata improvvisamente normale.
Non ho più scaglie a proteggermi e per questo il rapido fendente di Dalilah mi ferisce alla mano destra, facendomi perdere la presa sulla spada. Confusa e intorpidita, barcollo sentendomi esausta, notando lo stupore negli occhi dei pretendenti, che per la prima volta vedo in maniera diversa, come se le mie iridi fossero tornate normali.

«Fermi! Fermatevi immediatamente!» La voce di Nikola sovrasta le grida e il rumore dello scontro, portando tutti i presenti a esitare prima che io cada in ginocchio, vomitando copiosamente l’icore nero che mi rende, o forse dovrei dire rendeva, l’Erede dell’Idra.
L’ultima cosa che vedo è il pomo della spada di Ullia che cala sul mio volto, poi solo il buio.

Immagini di jacqueline macou e intographics  da Pixabay 

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