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“CAVALIER HAK” DI HAGAR LANE – RECENSIONE

written by Arianna Giancola Marzo 5, 2021
Cavalier Hak - Hagar Lane - Copertina

Bentrovati amici di Universo Fantasy,
dopo un periodo in cui, come potrete ben immaginare, siamo stati impegnatissimi, torniamo finalmente a parlare di libri.

Oggi vi proponiamo la recensione di un romanzo fantasy davvero particolare: Cavalier Hak, di Hagar Lane.
Nella versione italiana, il romanzo è uscito come pubblicazione indipendente nel 2019 e comprende due libri: La nascita dei Draschi e Sapere Aude.

L’autrice è più siciliana che italiana. Ingegnere Elettronico con un Master in Business Strategy e vincitrice di una borsa di studio biennale al CNR. Ha lavorato come Consulente Tecnico per l’Ordine degli Ingegneri di Milano e come Manager in multinazionali delle TLC e del settore Alimentare.
“Portatrice sana di un gatto, Pante” come lei stessa si definisce, il suo motto è “Se puoi sognarlo, puoi farlo” (Walt Diseny). Cavalier Hak è il suo primo romanzo.
Attualmente ha lasciato da parte il fantasy per dedicarsi alla stesura di un saggio di prossima pubblicazione.

In un mondo a metà tra il Medioevo e il Rinascimento, i regni degli uomini liberi cedono al male uno dopo l’altro. Avvolti dalla Nube Scura, cedono il posto ai Draschi, dove la schiavitù è la regola.
Hak è un cavaliere errante donna, con un fortissimo senso della giustizia e la consapevolezza che solo l’uguaglianza, la tolleranza e l’accettazione dell’altro possono portare alla vera libertà. E farà di tutto per liberare il mondo dalla schiavitù.

Riuscire a recensire questo romanzo è davvero un’impresa degna di un cavaliere, perché ci sono talmente tanti elementi da considerare che si rischia di essere eccessivamente superficiali.

Partiamo dall’ambientazione.
Il mondo in cui si muovono di personaggi della Lane è un ibrido spazio-temporale. Se da una parte si tratta di un mondo inventato, con una sua suddivisione geo-politica, lo si può idealmente collocare in un momento storico che comprende sia il Medioevo che il Rinascimento. Concentrati nei pochi anni della narrazione, infatti, troviamo riferimenti a invenzioni, documenti e opere artistiche che nella nostra realtà coprono un arco di diverse centinaia di anni.
Allo stesso modo i vari Draschi e Regni, seppure inventati, non possono fare a meno di richiamare alla memoria del lettore delle controparti realmente esistite (o anche esistenti) con fatti storici ad esse legate e realmente accaduti, sebbene riportati in chiave immaginifica.

Il mondo “inventato” – e dovrebbe essere chiaro il perché delle virgolette – è un insieme di piccoli domini, quasi delle città stato, confinanti tra loro e specializzati, ognuno, in una particolarissima produzione (pergamena, pelle, legname, birra… ma anche tortura, scienze e arti).
Le popolazioni che li abitano sono variegate e comprendono anche animali senzienti, centauri e, addirittura, un intero regno di bambini.
Il Drasco delle Scienze, come lo diventerà nel secondo libro, è la perfetta rappresentazione di un’utopia platonica: un luogo governato da un sovrano il cui primo pensiero è il benessere dei suoi sudditi, aiutato e consigliato da un gruppo di saggi (filosofi) scelti per la loro onestà e rettitudine, a prescindere da elementi caratterizzanti di genere o inclinazioni.
Qui ognuno è libero di realizzare le proprie inclinazioni naturali, che si tratti di preferenze sessuali, convinzioni religiose, tipologia di lavoro o attività ricreative.
L’unica cosa non tollerata è l’intolleranza.
Ovviamente, questo lo porterà all’inevitabile scontro con chi vede in questa assoluta libertà il segno del demonio: il Regno dei Giusti.
Quest’ultimo è una rappresentazione estremizzata della Chiesa nel suo periodo più oscuro o, meglio, di un insieme di tutti gli elementi oscurantisti della sua storia, che si contrappone all’utopia di Hak, dalla matrice fondamentalmente pagana.

I due libri che compongono il romanzo presentano una moltitudine di personaggi, alcuni tratti dalla tradizione fiabesca, altri da quella mitologica e altri ancora con chiari riferimenti storici.
La nascita dei Draschi è senz’altro la parte più legata al fiabesco.
Sebbene la maggior parte dei personaggi torni poi, in un modo o nell’altro, nella seconda parte, la Regina delle Fate, il leone Pante, la serpe ragno Mir, il gigante Tor… sono tutte figure tipiche dei racconti della tradizione. La stessa Hak è una figura classica, che va dai cavalieri delle fiabe a quelli del ciclo arturiano, finendo poi per ricordare anche Fantaghirò.
Nel primo libro assistiamo a una sorta di stereotipizzazione di tutti i personaggi che assumono tratti bidimensionali e limitati.

La situazione cambia drasticamente in Sapere Aude dove acquistano profondità e sfaccettature.
Si potrebbe scrivere un trattato anche solo sui personaggi di Mercuria, Serio, Ortensio e Veronico; ma, per brevità, qui metteremo a confronto solo Hak e Innocente.
Hak: donna, cavaliere errante e re. Mente che riflette, che ama la bellezza come manifestazione della pace, è l’umanizzazione dello spirito ribelle, del desiderio di libertà, del bisogno di esprimere le proprie potenzialità e mettere alla prova se stessi.
Innocente, invece, è la personificazione del potere assoluto, che discende dall’alto e non ammette dubbi. Il personaggio letterario è basato su diversi papi realmente esistiti e, principalmente, su due: papa Innocenzo III (1161-1216) e Bonifacio VIII (1230-1303).
Al personaggio di Innocente vengono attribuite le crociate nelle Nuove Terre, quelle contro le eresie, il sacco di Antiochia, le bolle Unam Sanctam e Ad extirpanda, nonché l’istituzione dell’Inquisizione contro la stregoneria. Insomma, un coacervo di tutto quello che di terribile nella storia ha fatto la Chiesa.
L’esistenza stessa di Hak viene considerato un abominio. È una donna, ama le donne, si veste da uomo e si proclama re e, cosa forse più terribile, osa cavalcare e maneggiare la spada.

Se Innocente è sempre e comunque inflessibile e iracondo, Hak passa da momenti di riflessione introspettiva ad attacchi d’ira distruttiva, per poi essere colta da pentimento e compiere gesti di una dolcezza e di una cavalleria profondissimi.

La storia, quindi, è una continua allegoria della guerra tra il bene e il male, tra la libertà e la schiavitù, tra l’amore e l’odio.
Si tratta di un’opera che ha alla base uno studio estremamente approfondito (basti vedere la bibliografia finale) con un’infinità di riferimenti storici, letterari e artistici e, per di più, una buona trama dalle altissime potenzialità.
Anche lo stile, di base, è valido e mettendo insieme questi elementi si ottiene un romanzo fantasy decisamente sui generis, originale e coinvolgente.

Ci sono tuttavia degli elementi che vanno considerati.
Tra il primo e il secondo libro c’è uno stacco nettissimo. La prima parte è una fiaba classica, dagli elementi fin troppo noti per quanto mixati in modo originale.
La trama segue il tipico svolgimento di questo genere, dalla situazione iniziale, al precipitare degli eventi fino all’epico scontro finale e il prevalere del Bene contro il Male.
Il secondo libro è, invece, una fiaba, un saggio filosofico e un romanzo storico, cavalleresco e di genere tutto insieme.
Ci sono spesso problemi di discontinuità, errori e imprecisioni, uniti a uno squilibrio nell’andamento del testo e alla definizione dei personaggi che, per quanto migliori con l’avanzare della storia, non riesce mai a scendere in profondità.
Alcuni degli argomenti, inoltre, che in questo particolare momento storico risultano molto “caldi”, sono trattati con una certa superficialità che tende a infastidire il lettore.
Si tratta di problemi che possono sicuramente essere risolti con un buon intervento editoriale ma che, in mancanza di questo, tendono a sminuire un’opera che, a nostro avviso, ha un potenziale davvero illimitato.

Per questo ne consigliamo la lettura solo a chi è in grado di andare “oltre” la superficie e che cerchi un romanzo in grado non solo di affascinare e distrarre, ma anche di far riflettere e, perché no, anche di spingere ad approfondire gli innumerevoli riferimenti.

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