Home Recensioni “IL CASTELLO” DI EMANUELE AUGUSTO TAMBORINI – RECENSIONE

“IL CASTELLO” DI EMANUELE AUGUSTO TAMBORINI – RECENSIONE

written by Giuliana Della Valle Gennaio 9, 2023
Il Castello - Tamborini - Copertina

Emanuele Augusto Tamborini, classe 1986, è un autore di racconti brevi e di una serie di editi per Edizioni Open.

Il Castello è il suo romanzo d’esordio ed è pubblicato da Porto Seguro Editore.

Ambientato in un castello dove aspetti soprannaturali e psicologici si intrecciano, è un’avventura tra gli intricati schemi che la mente costruisce e la voglia di libertà.

La storia ha inizio con Giovanni, un soldato che cerca un riparo per i suoi uomini per l’inverno. Per una strana serie di casi, si ritroveranno tutti a essere accolti in un castello davvero molto particolare: un luogo dove la struttura stessa ha una propria entità e in cui vive un solitario ragazzo dal nome Custode.

Non bisogna farsi ingannare dalla narrazione, che risulta un po’ lenta a inizio romanzo: è tutto costruito per far sì che nel lettore crescano la curiosità e il dubbio nei confronti di questo strano luogo.

A livello stilistico, infatti, la scrittura dell’autore è chiara e scorrevole, nonostante affronti temi pesanti come la guerra, la cruda realtà degli accampamenti militari, il potere e tutte le sfumature psicologiche dentro la mente umana.

L’autore dona a Castello e Custode due ruoli importanti: entrambi rappresentano le paure e le limitazioni che la mente umana è in grado di costruire.

Custode ha la mente talmente avvelenata da Castello da far percepire al lettore anche la relatività del tempo. Questo sembra infatti non trascorrere e risulta imprigionato insieme a Custode in un luogo che, all’apparenza, sembra volerlo proteggere dalla vita ma che in realtà ne blocca la crescita personale creando vuoto.

“Questa oscurità, questo lasciare Castello senza uno scopo mentre vi vaghiamo dentro senza una meta.”
“Non vi è dolore. Nessuno ci può far del male.”
“Questo vuoto non lo è, forse?” rispose Custode quasi urlando.

L’autore è molto abile nell’analizzare il modo in cui la mente può creare dei limiti invalicabili, imprigionando a tal punto la coscienza da fargli credere che un luogo (in questo caso il castello), possa essere l’unico posto sicuro al mondo. È la mente che genera l’insicurezza nei confronti dell’ignoto e della vita.

La narrazione è talmente vivida che il lettore si trova a sperimentare il senso di vuoto e la solitudine del protagonista. Ma non si tratta solo di questo. Il rifiuto della vita (e della suo incertezza) porta inevitabilmente a nuove forme di vuoto interiore, in quanto impedisce di provare qualunque emozione. E non solo quelle negative, ma anche quelle positive.

“Ti sei fatto dominare dalle tue emozioni, il suo modo di fare ha dominato il tuo modo di vedere.”

Custode è stato per tanti anni uno schiavo della mente. I suoi deboli tentativi di reazione contro Castello non sono stati sufficienti per riappropriarsi della propria vita ed essenza.

Non deve quindi sorprendere che Custode non abbia un nome proprio, ma venga chiamato così in quanto custode degli schemi mentali inculcatigli da Castello. Una volta liberato, infatti, sarà lui stesso a chiedersi:

“Custode, così mi sono sempre presentato. Ma ora? Chi sono?”

L’incredibile bravura di Tamborini sta nell’abilità di trasmettere al lettore un frustrante senso di impotenza. Vorremmo trovare una soluzione per Custode, per salvarlo, ma anche i nostri tentativi risultano vani.

E poi, proprio quando stiamo per cedere le armi agli schemi della mente, ecco che arriviamo al finale, dove il bisogno insopprimibile di libertà e di speranza prendono finalmente il sopravvento.

È come tornare a respirare. Anzi, è come respirare per la prima volta.

“Nel preciso momento in cui l’erba venne piegata dal suo piede, per la prima volta sentì il vento in faccia. Per la prima volta sentì freddo. Il terreno era cedevole sotto il suo peso, l’erba umida e morbida. Riaprì gli occhi.
Le colline si estendevano a perdita d’occhio davanti a lui, disegnando un mondo ondulato reso verde dalle cime del bosco. Compì un ulteriore passo.
Custode era uscito, per la prima volta aveva lasciato tutto il suo mondo alle spalle. In un pigro e grave fragore di sassi rotolanti Castello collassò su sé stesso.”

Mentre Custode e Castello prendono forma nella narrazione, ci rendiamo conto che i vari personaggi che incontriamo sembrano essere solo di sfondo alla storia. Che poi è davvero così: il loro scopo è quello di mostrare come reagiranno alle loro azioni sia il demone dentro castello che il suo unico abitante.

Insomma, nell’insieme si tratta di un romanzo davvero particolare , un fantasy psicologico che, però, riteniamo adatto a tutti i lettori davvero curiosi. Se non avete paura di affrontare l’ignoto e un vero viaggio nella costruzione dell’a propria ‘identità personale, siamo certi che questo romanzo vi conquisterà.

Ti potrebbero piacere

Rispondi