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“MULAN” IL FILM – RECENSIONE

written by Arianna Giancola Dicembre 7, 2020
Mulan - Film - Copertina

Bentrovati a tutti gli amici di Universo Fantasy.

Finalmente, il 4 dicembre, il film di Mulan è passato, sulla piattaforma streaming su Disney+, dal pacchetto premium a quello classico e, ovviamente, non abbiamo potuto fare a meno di vederlo.

La storia, rispetto al lungometraggio animato del 1998, ha subito poche ma significative variazioni.

Mulan è la primogenita della famiglia Hua. Sin da bambina ha dimostrato di possedere il chi, lo spirito del guerriero, che ha coltivato con il beneplacito del padre fino al momento in cui, per portare onore alla famiglia, viene deciso che debba sposarsi.
Intanto l’impero viene attaccato dalle truppe rouran, guidate dal feroce Bori Khan che, con l’ausilio della strega mutaforma Xianniang, sta distruggendo tutti gli avamposti cinesi.
L’imperatore dà quindi l’ordine di reclutare un uomo per ogni famiglia e Mulan, per proteggere il padre, veterano di guerra, ferito in azione e ormai anziano, prende il suo posto travestendosi da uomo e fuggendo dalla casa natale con la spada e l’armatura del padre.
Pian piano la fanciulla si adatta alla vita dell’esercito, dimostrando ben presto le sue grandissime doti di guerriero, ma dopo una sanguinosa battaglia, in cui salva i suoi compagni, tormentata dal fatto di continuare a mentire, rivela a tutti la propria identità.
Inizialmente cacciata con disonore, scopre che Bori Khan si sta dirigendo alla Città Imperiale per uccidere l’imperatore. Riesce a convincere i suoi compagni a intervenire e li guida fino al palazzo reale.
Qui si scontra con il feroce guerriero che ha imprigionato il sovrano e, grazie anche all’aiuto di Xianniang, riesce a sconfiggerlo salvando la Cina.
Come ringraziamento, l’imperatore le offre un posto da ufficiale nel suo esercito e, mentre la fenice vola nel cielo, la giovane Mulan pensa al suo futuro.

Se non fosse mai esistita la versione animata del 1998 questo sarebbe stato il nostro giudizio.

Si tratta di un film molto carino, splendidamente interpretato.

L’ambientazione è molto ben riuscita, con ricostruzioni architettoniche che lasciano a bocca aperta. In particolar modo la Città Imperiale fa letteralmente sognare per la sua grandiosità e splendore e siamo rimasti particolarmente affascinati anche dal villaggio di Mulan, una sorta di struttura condominiale chiusa, su più livelli, che per la sua forma circolare ricorda molto un teatro romano.

Le scene “in esterna”, poi, lasciano letteralmente senza fiato per la bellezza degli ambienti.

Anche gli interpreti sono incredibili.
Il cast, interamente asiatico, è assolutamente perfetto e con ogni singolo gesto riesce a trasmettere quel famoso “fascino dell’Oriente” così indispensabile in ogni film del genere.

Una menzione d’onore va sicuramente alla scena in cui Mulan, interpretata da Eva Padoan, si esercita nella forma del taijì da sola, di notte, al lume di una lanterna. Il fascino di questa scena è tale che se ne rimane incantati, come davanti a un dipinto.

Altrettanto spettacolari le scene di combattimento ma come, di base, lo sono tutti i combattimenti dei film della tradizione orientale, anche se abbiamo trovato un tantino eccessive le troppe scene di rovesciata alla “Holly e Benji”.

La storia è più o meno quella conosciuta della leggenda, anche se ci sono al suo interno degli elementi che suonano talmente stonati da suscitare non poche perplessità e interrompere la “sospensione dell’incredulità” che in genere ci porta a immedesimarci nei racconti.

Siamo nella parte finale del film quando Mulan rivela la propria identità e viene quindi cacciata dall’esercito con disonore. Fino a qui ci siamo.
Ma poi torna, per avvisare dei piani di Bori Khan i suoi compagni. E il suo comandante cosa fa? Le restituisce il suo onore e le dice “guidaci”.

Ora, per quanto questa possa essere una fiaba, dove davvero tutto può accadere, questa è una cosa assolutamente impossibile.
Così come suona davvero assurdo che l’imperatore, dopo essere stato salvato, la inviti a prendere posto nel suo esercito come ufficiale di alto grado (e nessuno intorno faccia nemmeno una smorfia).

Diciamo quindi che se la Disney non ci avesse già fatto conoscere un’altra versione di questa eroina cinese, probabilmente ci saremmo limitati a dire che si tratta di un film carino, ma decisamente non all’altezza di altre produzioni come La Bella e la Bestia e Maleficent.
Ma lo ha fatto, quindi è necessaria una comparazione per capire perché questo film ci abbia lasciato un po’ con l’amaro in bocca.

Tralasciamo l’eliminazione dell’elemento comico-fantastico, rappresentato dal draghetto Mushu e dal grillo Cri-Cri, quello che proprio non abbiamo apprezzato è stato lo stravolgimento della protagonista.

Nel lungometraggio animato Mulan è solo una ragazza, non una guerriera.
È testarda, intelligente, determinata. Ma non una guerriera. E quando arriva al campo di addestramento deve lottare anche più degli altri per arrivare al livello di forza fisica e resistenza dei suoi compagni uomini.

La scena in cui riesce a scalare l’altissimo palo e a recuperare la freccia, che poi lancia ai piedi di Li Shang, è una celebrazione della sua determinazione e intelligenza (infatti è l’unica a capire che i pesi che porta ai polsi possono essere sfruttati per aiutarla nell’impresa).
Nel film questo passaggio è stato sostituito dalla scalata del monte con i secchi d’acqua, in cui alla fine “riesce” perché smette semplicemente di nascondere il suo dono. Questo ci dice che avrebbe potuto farlo in qualsiasi momento: non è una conquista.
È un po’ come se Clark Kent smettesse di fingere di non essere Superman.

Altro elemento che abbiamo trovato profondamente disturbante è la facilità con cui viene accettata “nonostante” il suo essere donna.

La grandezza di Mulan stava proprio nel fatto che combatteva contro un pregiudizio millenario.
Nel momento stesso in cui scoprono la sua vera identità, è come se passasse in un altro universo. Li Shang accetta a malapena di non ucciderla (Una vita per una vita) ma non la considera degna di fiducia e anche quando lei torna per avvisarli del pericolo lui la snobba. Cerca aiuto tra la folla ma è donna, quindi nessuno le dà retta (Mulan: “Nessuno mi ascolta…” Mushu: “Mh? Oh, scusa, hai parlato?” Mulan: “Mushu!” Mushu: “Ehi, sei di nuovo una donna, ricordi?”) e persino dopo aver salvato l’imperatore e l’intera Cina, quando Li Shang gli fa notare che è un’eroina, il Consigliere risponde: “È una donna: una cosa che non varrà mai niente!

Ci vuole la saggezza dell’imperatore per capire il suo valore e allora c’è la scena più epica della storia: il sovrano si inchina a una donna e, con lui, l’intera Cina.
Si inchinano all’intelligenza, alla determinazione e al coraggio. Non solo all’anima del guerriero.

Nel film tutto questo non c’è.
Non c’è la strategia, non c’è la lotta per farsi accettare in quanto persona, non c’è l’intelligenza con cui il nemico, più forte fisicamente e più abile con le armi, viene sconfitto.

C’è solo il chi.

E infatti il posto che l’imperatore le riserva nel regno non è quello di consigliere, al suo fianco, dove serve anima e cervello, come nella versione animata. Ma nell’esercito, dove può essere un guerriero. E, per di più, anche tutti i generali sembrano contenti e ben disposti ad accettarla.

Nel film, Mulan in qualche modo rifiuta il suo essere donna. Si calca la mano più volte sul fatto che anche se di sesso femminile, sia lei che Xianniang sono guerriere.
Nella versione animata non è così.
Mulan è una donna. È coraggiosa, spiritosa, con un cervello. Non è docile e sottomessa ed è in grado di fare qualunque cosa (Una donna così non si incontra tutte le dinastie).
La gloria di Mulan non è quella di essere superiore a tutti gli altri in virtù di una predestinazione data dal chi, ma quello di elevare il femminile al pari del maschile in un ambiente in cui la donna è una cosa che non varrà mai niente.

La sua versione 2020 celebra altro.

Certo, ci sono altri livelli di lettura.
Si può dire che non è incentrato sul divario tra maschile o femminile ma che la conquista, alla fine della storia, è che questa persona è finalmente libera di scegliere ciò che sente di essere, a prescindere da quello che è stato decretato dal suo genere di nascita. E che quindi è sbagliato definire delle caratteristiche come maschili o femminili a prescindere.

Una lettura giustissima e, comunque, la “nuova” Mulan combatte come prima per l’accettazione e il riconoscimento del suo essere.
Tuttavia questa sua trasformazione sembra, in qualche modo, voler disconoscere la sua “esistenza precedente” (quella del 1998) e questo ci dispiace, perché la sua era un’altra battaglia e meritava di essere ricordata in quanto tale.

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