Fabrizio Corselli, classe ‘73, lavora in campo editoriale come Editor e Consulente letterario. È un Tutor Formativo per l’Epica orale e l’Improvvisazione in ambito lavorativo e turistico (Scuola).
Cantore di Spada e Maestro di Canto della Spada (arte di narrazione orale con la spada), definito dalla critica italiana “Cantore di Draghi, unico e indiscusso bardo italiano”.
A partire dal 2008 ha lavorato presso la Scuola Primaria e dell’Infanzia di Milano come Operatore Educativo, realizzando durante il proprio mandato diversi progetti sulla Poesia e sulla Narrazione per bambini. La sua attività di Storytelling e di recupero della tradizione orale è stata inserita all’interno del libro “Epic continent – Adventures in the Great Stories of Europe” a cura dello scrittore inglese Nick Jubber.
Autore del primo poema fantasy pubblicato in Italia, dal titolo “Drak’kast – Storie di Draghi”, a cura di Edizioni della Sera. Autore del poema breve a carattere epico “Moria – Canti dalla Terra di Mezzo”, a cura di Eldalië, e con il patrocinio della “Società Tolkieniana Italiana” (STI).
Altre pubblicazioni inerenti alla materia dell’Epica moderna: “Bjorn – Saga dei Regni del Nord” (Brè Edizioni, 2019); “Baccanali – La Grande Caccia” (Brè Edizioni, 2018); “Terra Draconis – Cronache dei Regni di Andrara” (Brigantia Editrice, 2016); “Saga – Prontuario di Epica fantasy”, con Gabriele Marchetti (GDS Edizioni, 2015); “Il Canto di Larenth” presso l’antologia “Le leggende di Ferhaven”, volume primo (Collettivo Specchionero 2015); “L’ira di Artemide” (GDS Edizioni, 2014); il poemetto “Il Canto del fuoco” presso l’antologia collettiva “La Biblioteca dell’Immaginario” (GDS Edizioni, 2013).
La Redazione ringrazia Fabrizio Corselli per la gentilezza e la disponibilità con le quali ha risposto alle domande.
1. Appassionato di fantasy, scrittore, insegnante, editor: chi è Fabrizio Corselli?
Tendenzialmente sono un Editor e un Consulente letterario presso diverse case editrici per ciò che concerne la materia poetica; ma ciò che mi caratterizza di più è la passione che nutro per l’Epica e per la tradizione orale. Nel tempo sono diventato un Tutor Formativo per l’Epica orale in ambito lavorativo e turistico, lavorando così all’interno delle Scuole. Inoltre, porto avanti una serie di progetti e corsi di “Canto della Spada”: arte di narrazione orale con l’arma”. Il mio hobby preferito è, invece, il gioco di ruolo da tavolo; chissà perché? [ride, NdR]
2. Siamo molto curiosi: cos’è il Canto della Spada? Sembra davvero interessante ed è difficile immaginare di raccontare storie con una spada in mano.
È più semplice di quanto si possa pensare. Il Canto della Spada è un’arte di narrazione orale che impiega una spada di legno non solo come elemento di scena, ma come strumento per stabilire la cadenza ritmica della narrazione, per dare maggiore enfasi alle scene di combattimento e, soprattutto, può trasformarsi in altro (l’artiglio di un drago, la livrea di un corvo, e così via); tecnicamente, quest’ultima fase si chiama “metamorfosi iconica”.
Il Canto della Spada deriva le sue componenti dal Cunto siciliano per l’uso dell’arma (a esclusione della pedana), dalla tradizione del Cantastorie per l’uso del verso e dalla danza antica per ciò che riguarda il ritmo. Tutti questi fattori concorrono a dare vita a un unicum narrativo di grande impatto. Rispetto al Cunto vi è una componente coreografica molto forte e un dimensione compositiva assai impegnativa, in particolar modo quest’arte richiede al Cantore una certa capacità dinamica nel corrispondere alla parte verbale il giusto movimento, quindi un solido apporto improvvisativo. Il Canto della Spada è soprattutto un’arte improvvisativa.
3. Hai parlato di mito, tradizione antica, ma quali sono gli scrittori, poeti, artisti a cui ti ispiri per la tua attività di autore e di promotore culturale?
Mah! Sono un po’ atipico da questo punto di vista. Io ho avuto sin da piccolo un forte interesse per l’archeologia. Ricordo ancora la mia infanzia passata fra musei e scavi. La cultura greca, senza alcun dubbio, è quella che ha condizionato il mio interesse letterario. Ho subìto la fascinazione delle Olimpiadi antiche, con la conseguente lettura dei testi di Lirica Epinicia: i canti che venivano tributati ai vincitori delle varie discipline sportive. I miei maestri di Poetica sono Pindaro, primo fra tutti, e poi a seguire Bacchilide, Simonide, per passare in successione ad alcuni lirici come Alceo e Tirteo. Omero, ovviamente per ciò che concerne l’Epica. A seguire non mancano Virgilio, Ludovico Ariosto, la poesia vichinga, eddica e scaldica, il Beowulf che mi ha ispirato il poemetto “Il Canto del Fuoco”, il Kalevala e i vari libri di Tolkien (“La leggenda di Sigurd e Gudrun”, “La caduta di Artù”, etc…).
4. Hai detto che sei diventato nel tempo un Tutor Formativo; qual è la tua esperienza didattica nelle Scuole? Vuoi raccontarci qualche aneddoto?
Il passo era davvero breve. Già a partire dal 2008, in qualità di Operatore Educativo presso le scuole dell’hinterland milanese, ho concluso diversi progetti sulla Poesia e sulla Narrazione orale per la Scuola Primaria. Una volta tornato in Sicilia, mi sono riapprorpiato della tradizione della mia terra e ho preso contatti con alcune Associazioni, fra queste “LiberiTutti”, e da lì ho condotto una serie di formazioni all’interno della Scuola Alternanza Lavoro, ottenendo peraltro un castello per le mie attività. Esperienza fantastica. Alla fine del percorso formativo, il Comune di Carini (PA) ha concesso gli abiti dell’epoca perché fossero indossati dagli alunni durante la giornata di apertura dei Musei. Ogni alunno si è posizionato in una stanza del castello, rivestendo così il ruolo di Cantore. I turisti si fermavano in ogni stanza per ascoltare le loro composizioni. Era un saettar di “lame” e di “voci antiche”.
5. Cosa ne pensi dell’insegnamento dell’Epica nelle Scuole?
A fronte delle mie esperienze didattiche, trovo l’insegnamento dell’Epica abbastanza rigida, se non noiosa. Il solo approccio antologico è poco appetibile. I ragazzi sono famelici a livello intellettuale. Vogliono sperimentare. Bisogna entrare nel pieno dell’attività, dare loro gli strumenti per creare, erodere la roccia dall’interno. Io sono un assertore della composizione quale strumento ideale per insegnare agli alunni il genere, insegnarlo sul vivo, nel suo compiersi. Comprendere l’eccitazione, l’enfasi che trasale il corpo durante la stesura di un verso, la voce che tuona durante un’invocazione, donando loro gli strumenti necessari per farlo. A Scuola non si promuove così spesso l’atto immaginativo rispetto all’approccio logico-pragmatico.
6. Cosa ne pensi del genere Fantasy?
Considero il genere Fantasy il degno successore dell’Epica; un genere all’interno del quale convivono tutti quegli elementi che tanto hanno caratterizzato i miti antichi e che adesso sono diventati più che mai modelli letterari a uso e consumo dello scrittore creativo. Dopo il passaggio dalla figura di “aedo” a quella di “poeta letterario”, è stata tutta una progressiva evoluzione.
Il Fantasy, così come il Fantastico, è un genere che dà ampie possibilità prospettiche nei confronti dei vari temi esistenti. Come diceva Pitagora, è tutta una questione di punti di vista, di approccio multiforme (polytropia). I temi sono declinabili in svariati modi, facendo dell’eterogeneità tematica il suo punto di forza. Parlando di Fantasy, in particolar modo, io adoro i Draghi.
7. A proposito di Draghi. Abbiamo constatato che la critica ti ha conferito il titolo di “Cantore di Draghi”. Cosa significa?
Ritengo sia dovuto allo stragrande amore che provo nei confronti di queste straordinarie creature che, puntualmente, riverso nelle mie opere: i draghi non sono soltanto nemici ostili da uccidere, ma rivestono molto spesso il ruolo di protagonisti. Inoltre, penso sia legato anche al fatto di aver creato una definita poetica che porta il nome di “Kar’drak – La Poesia dei draghi”.
Lo scrittore inglese Nick Jubber, nel suo libro “Epic continent – Adventures in the Great Stories of Europe”, dove parla della mia attività, ha usato il termine “Teller of Dragons”.
8. Qual è la tua opera più significativa? E perché?
Senza alcun dubbio, “Drak’kast – Storie di Draghi”, a cura di Edizioni della Sera di Roma: un poema composto interamente sulla figura del drago, nel vero senso della parola. Non perché è il primo poema a essere stato pubblicato in Italia, ma perché in esso si ravvisano le prime avvisaglie del Kar’drak.
In Drak’kast ho voluto rendere anche il senso della “ballata composta da un bardo”, impiegando un compromesso sintattico che si avvicinasse all’oscurità della poesia scaldica ma anche alla ritmicità battente di un cantore di piazza. Da ciò ho eliminato in toto la divisione in capitoli, facendo un unico testo continuo, un flusso narrativo inarrestabile rispetto a “Bjorn – Saga dei Regni del Nord” (Brè Edizioni, 2019).
9. Usi spesso questo termine “Kar’drak”. Che significa, esattamente?
Il poema del Drak’kast getta le basi per una poetica fondata sulla figura del drago in qualità di unità mensurale. L’intero poema è scritto secondo uno schema preciso, seguendo una serie di regole poetiche ed estetiche codificate. Usandolo come trampolino di lancio, ho inventato e sviluppato nel tempo una poetica fisica, esistente, produttiva a livello compositivo, ispirandomi anche ai processi ideativi che hanno portato Tolkien a creare le lingue elfiche. Lo posso sostenere con grande tranquillità.
Tutte le regole del Kar’drak sono state riunite in un Saggio che ha per titolo “Kar’drak – La Poesia dei Draghi”. Quest’anno condurrò due o tre corsi brevi proprio per comporre attraverso la Poesia dei Draghi. È una poetica molto affascinante, soprattutto perché impiega profonde relazioni con la creatura draconica.
10. Concludiamo con qualche piccola anticipazione: progetti per il futuro?
Quest’anno ho intenzione di concentrarmi sui corsi e sugli stage di Epica orale e di Canto della Spada, nonché quelli sul Kar’drak, e poi voglio focalizzarmi sulla promozione della nuova opera “Bjorn – Saga dei Regni del Nord”. Ovviamente, non trascurando gli inviti agli eventi.