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La nascita del Selèmarin, la Scherma Elfica

written by Redazione Novembre 16, 2022
Intervista Corselli copertina

Intervista a Fabrizio Corselli

Caro Fabrizio. Ormai ti conosciamo benissimo. Il tuo amore per i Draghi è noto a tutti, così come la tua ampia attività di recupero della tradizione orale antica; ma è il modo in cui lo fai che affascina e attrae sempre di più chi ti legge o ti ascolta per la prima volta; e non solo. Ne abbiamo avuto ampiamente dimostrazione quest’anno, a Etna Comics 2022 con i tuoi stage di spada e canto orale.

Per la gioia dei nostri lettori, Universo Fantasy andrà oggi alla scoperta del tuo nuovissimo progetto, che va ben oltre l’ambito letterario e che, devo ammettere, stuzzicherà non poco la loro curiosità.

1) La Critica ti ha definito “Cantore di Draghi, unico e indiscusso bardo italiano”, ma qui non ci sono solo Draghi! Adesso ci sono pure gli Elfi. Come mai?

In verità, gli Elfi ci sono sempre stati. Il punto focale è, sempre e comunque, la figura del Drago, imprescindibile dai miei scritti, dalle mie composizioni e dalle mie attività di Scherma Coreutica. Gli Elfi, però, rappresentano quel potente collante che è in grado di far vivere in piena armonia due mondi apparentemente lontani. Soprattutto per ciò che concerne la Poesia antica dei Regni di Ferendrin.

Amo tanto fondere e intersecare ambienti diversi, farli interagire, creare sinergie. Così è stato per l’ambito elfico e quello draconico. Coesistono in un ricco microcosmos, dove le due culture s’incontrano e si “scontrano” su tutti i fronti.

Degli Elfi amo la loro cultura, la loro filosofia, il senso di caducità che permea una creatura appena scalfita dal senso d’impermanenza, corroborata dalla dimensione dell’eternità, dell’immortalità. Ma, più di tutti, amo la loro capacità visionaria di penetrare il sottile velo che separa il Presente dal Passato e dal Futuro, che permette loro di vedere sempre le cose da un punto di vista diverso. La famosa “multiformità” (Polytropia).

2) Però, nella tua visione, o meglio all’interno della tua ambientazione, considerando l’ampio bacino dei saggi pubblicati, i Draghi sono morti. Ne sono rimasti pochi e quei pochi si stanno avviando verso una fine prematura. E coloro che hanno mantenuto il potere d’un tempo, hanno sacrificato la loro forma d’origine. Una scelta autoriale o altro?

In verità, ho sempre pensato ai Draghi come a qualcosa d’intangibile, di fuggevole allo sguardo del tempo. Una sorta di sapere da preservare. Principalmente è stata una scelta autoriale, una necessità a livello di fiction. Il pensare a un post-apocalittico draconico. Il recupero di un’epoca aurea in cui i Draghi erano equiparati a vere e proprie divinità.

Amo tantissimo il tema del recupero come lo è, del resto, il fine della mia attività: cioè la ricognizione di tutti quegli elementi che hanno caratterizzato e strutturato nei secoli la tradizione orale antica. E la seguente domanda: “Cosa ne rimane oggi? Quali sono le dirette attestazioni di una tale epoca in termini artistici? In questo, è stato focale il dialogo avuto in presenza con l’autore inglese Nick Jubber che ha viaggiato per tutta l’Europa in cerca di dirette testimonianze su ciò che è rimasto dell’Epica antica.

In questo modo, ho la possibilità di disseppellire continuamente dalle memorie del tempo i ricordi dei Draghi, la loro cultura, le loro tradizioni. L’autore veste così i panni di una sorta di Relic Hunter dell’Immaginario. Ho voluto considerare questo mondo draconico come andato perduto per poterne, a mia volta, recuperare le relative storie, leggende e tanto altro sotto forma di meta-narrazione. In sostanza, ne ho creato i presupposti. E tutto ciò lo faccio, di solito, attraverso lo sguardo oggettivo e distaccato di una creatura elfica. Si tratta della mia lente focale. Nell’opera “L’eredità dei Draghi – Poetica e Immaginario Fantasy” (Brè Edizioni) il recupero è affidato invece a Èmian, un Bardo Cantore umano dell’Accademia di Ellorantal, il quale riporta i dialoghi avuti con i diversi maestri nanici ed elfici dei vari Regni.

3) Bene. Non so quanto tu ne sia consapevole, ma hai anticipato il tema della mia prossima domanda. Entriamo, quindi, nel vivo di questo tuo nuovo progetto che è più di una semplice creazione narrativa. Passami il termine: un lavoro che investe perfino la “realtà” in cui operiamo. Quindi, com’è nata l’idea della Scherma Elfica? E come si è passati dalla finzione letteraria a una vera e propria arte praticabile?

Andiamo per ordine. Questo è un passaggio molto delicato, pertanto cercherò di condensare il più possibile. Tutto è partito dalla formula “Epic Duel”: un nuovo metodo d’insegnamento della materia epica che opera attraverso la finzione letteraria. Il momento didattico è una vera e propria lezione di Estetica e Poetica degli Elfi, coerente in sé. I contenuti sono molto profondi.

Partendo da questo presupposto, ho applicato il medesimo approccio e processo teoretico alla Scherma Coreutica, strutturando ed evolvendo uno specifico mood setting che ne tratteggiasse in modo peculiare ogni sfumatura, ogni gesto tecnico.

4) Scommetto che non è stato semplice.

Assolutamente no. Rispetto all’ambito letterario, ho dovuto considerare alcuni principi aventi una diretta influenza e relazione con la realtà. La fase più complessa è stata quella di trasformare una base teorica e altamente referenziale (poiché si parla di un’ambientazione coerente e credibile) in qualcosa di fisico, di praticabile. È passato un po’ di tempo prima che potessi tracciarne i fondamenti essenziali. Devo sempre ordinare prima i miei pensieri creativi. Il lavoro avviene prima di tutto in testa. Contemplare quel microcosmos in continua espansione, dargli un limite, recintarlo senza imbrigliarlo, domare l’Immaginario senza soggiogarlo.

Per fortuna, la Scherma Coreutica mi è venuta incontro: una base ottimale e aderente, plasmabile, sulla quale imporre la propria volontà teoretica.

5) Scusa, se t’interrompo, ma non ho capito bene: quindi, la Schema Coreutica verso l’ambientazione o viceversa?

Il processo non è mai così netto. Vi è sinergia, compenetrazione, condivisione. A volte l’una e a volte l’altra. Il processo è, invero, “un’armonica disarmonia”. La Scherma Coreutica possiede, già di base, una forte componente concettuale, ideativa, e ciò la deriva dalle danze antiche greche (enoplion orchesis). La Danza, per esempio, permette di conferire alla sola dimensione schermistica una struttura assai evoluta, dove il movimento ritmico non è semplice movimento, soprattutto in rapporto alla volontà di rappresentazione (dyathesis). I passi della Scherma Coreutica non sono quelli della Schema pura; quest’ultima ha più valore strumentale, accessorio così come per l’arte tersicorea. Da questo punto di vista, gli Elfi sono pienamente infusi del senso del ritmo, della perfezione, del bello, della danza ieratica (Vala). È la razza eletta sulla quale ho lavorato così bene e che mi ha permesso tanto.

6) E i Draghi come s’inseriscono in questo gioco di tangenze e trasformazioni? Non è forse una sorta di “tradimento” da parte dell’autore?

No. Il drago è il motore essenziale, ciò che muove tutto, l’unità mensurale di ogni nuova forma d’arte. Come lo fu per il “Kar’drak, la Poesia dei Draghi”, dove alcune caste elfiche lavorarono insieme per temperare l’irrequietezza di simili creature, in modo da portarne i principi all’interno dell’ambito epico (Nùinelen), così i migliori rappresentanti dell’arte elfica cercarono di applicarne le basi teoriche alla Scherma ufficiale (Sèlerin).

La Scherma Elfica ha origine da una danza in particolare, sulla cui coreografia vi lavorò nello specifico un Cantalama di nome Elentàrin. 

7) Dai tuoi saggi emerge un’altra figura, nodale per lo sviluppo dell’intera arte elfica, non solo per la Scherma Elfica. Sto parlando del “Domatore di Draghi”. Ce ne parli?

Esatto. Questa è una delle tante, ma forse la più importante. Durante il periodo della Grande Ribellione, i Draghi decisero di abbandonare il continente di Ferendrin, ma non prima di raderlo al suolo attraverso il loro soffio. Pertanto, fu necessario istituire una casta di provetti “Domatori” che contrastasse l’imperante volontà distruttiva di tali creature. Nacquero così i Valimar, i signori dell’Arte del Valacun, “la doma dei Draghi”.

Tale casta, all’interno del processo di fusione delle arti, utilizzò la propria attitudine alla doma per creare un compendio espressivo in appoggio al Canto Epico orale: il “Valacuìrin”, detto anche “Danza delle mani”. In sostanza, il Valimar utilizzò le movenze ipnotiche tipiche della sua casta per accompagnare il Canto orale.

La “Danza dei Draghi”, così come la Scherma Elfica nasce come arte della doma (Valacùmarin). Ciò è comunque riduttivo. Il lettore trova tutto nel file PDF, scaricabile sul sito di Scherma Coreutica.

8) A proposito. Che cosa troverà esattamente il lettore all’interno di questo “documento”, “saggio”, o “libro”? Peraltro gratuito, ricordiamolo!

Il PDF in questione è una ricognizione di tutti quegli elementi teoretici, estetici, storici e referenziali che hanno composto e caratterizzato il “Selèmarin”, la “Scherma Elfica”; prelevati dai vari saggi pubblicati e con l’aggiunta di una parte di profonda trattazione specifica. Un background che fa da apripista a questa particolare arte di spada praticabile. Di sicuro, dato il suo spessore non commerciale, il documento potrebbe risultare un po’ ostico al lettore distratto, ma di sicuro abbastanza intrigante. Soprattutto, se si pensa alla possibilità di esercitarla nella realtà.

9) Vogliamo indicare il link del tuo Sito, dove poter scaricare il file? Ricordo ancora a tutti i lettori che il PDF è gratuito.

Certo. https://hanami15.wixsite.com/schermacoreutica

10) Quindi, una volta per tutte, com’è nata questa idea della Schema Elfica?

È nata alla stessa maniera dell’arte del Canto della Spada: mettendo in relazione, o meglio unendo, due anime: quella della Scherma e quella della Poesia epica, in un unicum d’eccezione. Nel caso del Selèmarin vi si aggiunge più che mai il movimento ritmico della spada, rafforzando oltremisura la componente coreutica. Questo poiché la “Scherma Elfica”, impropriamente detta, nasce da una danza in particolare, la “Danza dei Draghi” per l’appunto, che fu tramandata agli elfi dalle creature draconiche sopravvissute alla Grande Ribellione. Questo fu solo un trampolino di lancio per la sua futura evoluzione a opera di Elentàrin “Vivida Fiamma”: un elfo grigio di grande levatura artistica.

Essendo io un coreografo di Schema Coreutica, il passo è stato breve. Soprattutto, come già accennato, ho cavalcato l’idea della formula “Epic Duel”.

L’idea vera e propria, o meglio la volontà d’attuazione, è nata invece durante il periodo del mio lavoro come coreografo per l’opera teatrale “Antigone, le voci” del regista Gigi Borruso. Qui, ho curato il duello eroico d’apertura, formando nello specifico due attrici: Barbara Tuttoilmondo e Marilia Piraino. Ero così enfatizzato e preso dal momento che decisi di creare qualcosa di unico, in diretta compartecipazione con un fervido periodo compositivo. L’elemento di stesura fantasy non manca mai. Un genere che amo da morire e che domina in modo potente il mio Immaginario.

11) A proposito del Fantasy, materia che ci interessa tantissimo, so molto bene che tu vivi in modo particolare il rapporto con questo genere. Ce ne vuoi parlare?

Sì, direi un rapporto abbastanza contrastato. Non per ciò che riguarda me, nello specifico, ma per ciò che investe la mia relazione con gli altri.

Molti mi vorrebbero “poeta”, ma io non mi reputo tale. O, ancora peggio, vorrebbero che mi occupassi, come gli altri, dell’intimità dell’individuo, dei problemi della società, cioè che io fossi un “Poeta”, nel vero senso della parola, come se il non farlo mi squalificasse in quanto “facitore di versi”. Io uso il verso in altro modo. Io sono ciò che sono, un Cantore. E già questo mi pone su un altro piano a livello di versificazione e composizione. Un Cantore che, peraltro, ha scelto come materia d’indagine l’Immaginario, la dimensione della mitopoiesi. E per questo il Fantasy è un genere perfetto, fa proprio al caso mio. Ancora oggi, tutto ciò che si riferisce al Fantastico o al Fantasy è liquidato come genere per bambini e non “serio” perché troppo distaccato dal reale. Niente di più falso. Tutti i miei saggi, pur presentando un esoscheletro a tema fantastico, sono vere e proprie opere di Poetica molto profonda.

12) Andiamo adesso alla Scherma Elfica vera e propria. Qual è stato il momento più intrigante della fase di realizzazione e quello in cui hai incontrato maggiori difficoltà?

Tralasciando la stesura di tutta la concezione base, di sicuro il momento di allineamento con i vari passi e movimenti di spada. Ogni singolo canone di spada (Àmar) ha una sua storia, una sua base filosofica. Perfino la “sfoderata” (Sìli) e la “Presa” (Calymea) sono dominate dal pensiero elfico o da quello draconico. Anche il modo di portare un colpo risente dello studio estetico operato dal suo creatore. Il rapporto con la forma espressiva, l’eleganza del gesto tecnico, l’integrazione del contatto (“ingaggio”) all’interno di una coreografia nata dapprima come formula individuale e solo performativa.

   La parte più difficile è stata, di sicuro, armonizzare tutto il pensiero elfico con la dimensione schermistica. Quindi, non tanto il creare, le idee non mi mancano, quanto l’organizzazione del materiale a disposizione. Molte volte ci si può confondere. Maneggiare un intero microcosmos, un bacino mitopoietico, è cosa assai ardua. Si rimane atterriti innanzi a tanta materia. Dargli coerenza è la parte più ostica e quando vedi che le cose funzionano, che tutto è al suo posto, allora è lì che gridi “Eureka!”. Quasi, te ne compiaci.

13) E la parte pratica?

Potrei dire lo stesso di questo momento. Molto spesso, dopo aver scritto alcune “partiture”, passavo alla spada e viceversa. Pietraluna mi sta sempre accanto. Ovviamente, sto parlando della mia Spada da Canto: non ci separiamo mai.

Anche qui il processo di formazione è duplice e bilaterale. Capita che nei momenti di esercitazione emergano nuove idee, nuovi passi o tecniche che, anzitempo, sono trascritte su foglio con la loro storia ben delineata. È comunque più facile che la parte teoretica si traduca nella figurazione d’arma. È un processo così accattivante, stimolante, direi. Ora che mi viene in mente, rispetto alla tua domanda precedente, difficile è stato inserire lo stile specifico o variante di una razza in particolare. Per esempio, il creatore del Selèmarin prese in esame il “Vala Endùrin” come danza propedeutica rispetto al “Vala Nuèndi”, la danza ufficiale di allora e appartenente agli Elfi della Luna. La prima presenta una forte connessione con la Terra, eliminando dunque una serie di ornamentazioni e orpelli (Sìri), come i salti. Di contro, nella traduzione in termini d’arma ho dovuto proseguire in tal senso, eliminando alcuni canoni come il “Volteggio”, sostituendolo con quello a terra (Èinelar), e stringendo sempre più la rotazione dell’intero corpo. È stato un lavoro arduo, ma pieno di sfide. Ma ne sono davvero soddisfatto.

14) Poco fa hai accennato alla tua Pietraluna? Puoi spiegare ai lettori cosa sia esattamente una Spada da Canto?

Nella pratica del “Canto della Spada”, ossia della narrazione orale con la spada, l’arma di cui fa uso il Cantore è detta Livrea, o “Spada da Canto”, proprio a indicare la lievità del colpo e la leggerezza con la quale egli declama i versi a carattere epico. Un’arma di legno, molto rapida, un elemento di scena che permette di espletare con facilità le diverse funzioni coreografiche, soprattutto nella costruzione di una scena di combattimento.

Nella fattispecie, la Livrea promuove l’armonia e il controllo della scena, la coordinazione dei movimenti ed esalta la profonda relazione fra il tema portante (delle unità ritmiche) e l’azione motoria. Ma può anche assumere diverse forme in specifiche correlazioni concettuali: tanto il colpo di punta, di taglio, o la parata… quanto il vestirsi di una nuova forma in virtù di ciò che prende il nome di Metamorfosi iconica, ossia la spada diventa così l’artiglio di un drago, l’onda del mare, una foglia cadente, la freccia di un arco.

La Spada prende il nome di “Elival” all’interno dell’ambientazione di Ferendrin, e in rapporto alla triade artistica nota come “Endrimar” (l’insieme di tre arti che si origina dopo la Grande Ribellione, e che darà finanche vita alla Scherma Elfica).

L’Elival è utilizzata nel Selèmarin, poiché tale arte della spada è comunque nata dal Nuinàmarin (Canto della Spada). Molte di queste armi sono ricavate dagli alberi sacri agli Elfi. Le più pregiate sono quelle in avorio bianco ottenuto dagli stessi draghi.

15) Progetti futuri per la Scherma Elfica?

L’apertura di una serie di corsi al pubblico. In particolar modo, la strutturazione di stage specifici presso eventi e fiere. Come hai potuto notare, quest’anno ho gettato le basi presso Etna Comics 2022 per un futuro progetto più ampio sul Selèmarin, integrandolo a quello già presente della “Bard’s Academy”.

Siamo così giunti alla fine. Prima di lasciarci vorrei ringraziarti a nome di tutta Universo Fantasy per la tua disponibilità e pazienza.

Figurati. Grazie a voi. Al prossimo progetto.

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