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“DUNE”: DOVE LO SCI-FI INCONTRA IL FILM D’AUTORE

written by Giulia De Filippo Ottobre 19, 2021
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Parte 2

Se avete perso la prima parte di questa bellissima analisi potete trovarla a questo link.

CULTO E PROFEZIA

La risposta è nessuno. Ma il protagonista di Dune, come Herbert ci tiene a sottolineare, ascende a Eletto sì perché incredibilmente capace, non si possono negare le sue qualità, ma anche in quanto fantoccio nato dall’incrocio di religione, potere e politica. Villeneuve veicola bene sia la cieca glorificazione di Paul descritta da Herbert, osannato come il Mahdi dal momento stesso in cui mette piede su Arrakis, sia lo scetticismo dei Freman, che hanno bisogno di prove più tangibili per “convertirsi”.

La semantica religiosa è alla base di moltissimi film, che esulano il genere sci-fi, ma è predominante in Dune e non necessariamente in un’ottica positiva. Il culto del Kwisatz Haderach è destinato a sfociare nel fanatismo, che culminerà con una guerra santa nel momento in cui un potere enorme converge nelle mani di un singolo individuo.

Paul eredita una forza indomabile, a tratti addirittura incomprensibile, e le sue visioni sono la prova di cui lo spettatore aveva bisogno per evincerne la portata. I sogni lo spaventano: ci vede morte e distruzione, comincia ad apprendere cose che non vorrebbe conoscere e non sa fino a che punto debba fidarsi di ciò che vede. Ciò che vede confonde lui e, di conseguenza, noi spettatori: scorci pieni di simbolismo e trasudanti di metafore, alcune più oscure di altre e nelle quali le musiche di Hans Zimmer giocano un ruolo fondamentale per connotare ciò che si sta guardando. Queste visioni sono percepite spesso come cattivo presagio, ma è anche tramite esse che diamo un primo sguardo ad Arrakis.

ARRAKIS: IL DESERTO PRENDE VITA

La predominanza del pianeta Arrakis nella storia è chiara sin dai primi minuti del film: non è semplicemente il luogo in cui si svolge l’azione, ma una parte viva e integrante delle vicende narrate; un teatro perfetto per i temi che Herbert si prefiggeva di elaborare e che descrive Dune e il suo ecosistema con una minuzia sconvolgente. Anche Villeneuve evidenzia fin dall’inizio del film come Arrakis sia diverso da tutti gli altri: ancora su Caladan, Paul cammina in spiaggia e immerge una mano nell’acqua, salutando il suo pianeta natale così rigoglioso; una volta arrivato su Dune, nel suo primo vero incontro col deserto, ripete lo stesso gesto, incontrando, stavolta, la sabbia ricca di Spezia.

Tantissima attenzione viene posta sul raccoglimento del Melange nel deserto che, non a caso, viene estratta, così come il petrolio, in un’ottica dello stesso sfruttamento senza controllo delle risorse. Questo processo non solo è incredibilmente pericoloso, ma anche totalmente incurante degli equilibri del pianeta, come dimostrano gli attacchi dei Vermi delle Sabbie, attirati dai rumori ritmici dei macchinari utilizzati nel processo. Dune è una variante costante nelle scelte dei personaggi e il suo deserto è pericoloso quanto gli Harkonnen per Paul.

Il protagonista si sente perennemente fuori posto tra le dune, meno a disagio degli altri stranieri, ma egualmente esposto; a differenza dei Fremen, che abbracciano l’egemonia del deserto e vivono in simbiosi con esso. È questa loro capacità di rendersi invisibili tra sabbia e rocce a turbare molto più delle loro capacità nel combattimento.

L’intensità del deserto è resa ancora più palpabile dalla scelta di Villeneuve di girare in Giordania, limitando l’utilizzo del digitale al minimo e veicolando al meglio la potenza primordiale di un ambiente che, sebbene vessato, si dimostra incontrollabile e vendicativo.

MATURITÀ E AUTORIALITÀ

Villeneuve non costruisce Dune con l’approccio tipico degli sci-fi, semplicemente perché è il materiale originario stesso ad esulare dai normali canoni del genere. Tra navicelle spaziali, guerre per il potere e formazione dell’eroe, Herbert condensa temi e critiche che scavano molto più a fondo e che il regista si è fatto carico di trasferire sullo schermo.

Non sorprende, quindi, che nonostante la grandezza del progetto, il film abbracci una vena autoriale fatta di silenzi e sguardi, invece che di dialoghi; di contemplazione e riflessione, invece che di combattimenti. Questo Dune è maturo nei temi e nella loro rappresentazione, non limitandosi a adattare la storia, ma abbracciandone anche il tono e il punto di vista originari, in un lavoro che è grandioso quanto meticoloso. E alla fine quello che resta allo spettatore è lo sdegno verso il caos generato dall’avidità e l’angoscia per un futuro in cui per ricostruire sarà prima necessario distruggere.

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