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QUANDO LA FIABA È TERAPEUTICA

written by Stefania Sottile Maggio 15, 2020

«Narrare favole fa sì che un cielo stellato e una luna bianca spuntino sulle teste degli ascoltatori. Talvolta, alla fine del racconto la camera è piena di luce, altre volte rimane un frammento di stella, o un lembo di cielo tempestoso. Qualunque cosa resti, è il dono con cui lavorare…» Cit. “Le storie sono medicine”, Pinkola Estés.

Negli ultimi decenni, sempre più professionisti nell’ambito socio-psico educativo stanno utilizzando i racconti e, in particolar modo, le fiabe per bambini come strumento volto a favorirne la crescita e non solo per quanto concerne la cura dell’infanzia. Difatti, il linguaggio simbolico che caratterizza le fiabe è in grado di risvegliare in ognuno un confronto tra il proprio bagaglio personale e quello altrui, permettendo un approccio verso la realtà più profondo e significativo, capace di oltrepassare l’apparenza e giungere all’inconscio.

Anche in psicoterapia, l’utilizzo della fiaba è datato con la nascita stessa della psicoanalisi. Questo perché, come alcuni hanno affermato, le fiabe rilanciano i conflitti delle istanze psichiche e permettono di confrontarsi con “il buono e il cattivo” presenti in ognuno di noi. Dunque, le fiabe riflettono la struttura intrinseca della psiche, attraverso la quale i modelli appresi si possono manifestare nella loro naturale combinazione.

«Voi siete le vostre storie. Siete il prodotto di tutte le storie che avete ascoltato e vissuto, e delle tante che non avete sentito mai. Hanno modellato la vostra visione di voi stessi, del mondo e del posto che in esso occupate… Se in questo momento la vostra storia è a pezzi o malandata, la si può rimettere in sesto. Oppure, se necessario, può essere sostituita da una storia il cui intreccio vale la pena di essere vissuto.»

Prendendo in esempio questa citazione di Daniel Taylor, l’autore del saggio “Le storie ci prendono per mano”, rammentiamo come la più grande aspirazione umana, che potremmo definire come un vero e proprio desiderio umano, sia trovare il senso della propria vita.

Utilizzando le storie, questa ambizione di conoscenza dona benessere e pace a ognuno, se soddisfatta almeno in parte. Ed è proprio in questo approccio che, per mezzo della lettura e condivisione, si appaga il bisogno di stare bene. L’immedesimazione che deriva dalla condivisione di un vissuto, dal sentire un’eco che ci sussurra la stessa storia, innesca il processo di guarigione grazie al riflesso dei propri sentimenti. Tutto ciò è dato dal fatto che la persona, adulta o bambina che sia, che leggendo ritrova narrate le proprie sensazioni, riesce ad analizzare sé stessa, anche da un’altra prospettiva, tanto simile quanto diversa, che ne facilita appunto il riconoscimento e/o il superamento dello stato di disagio.

Dunque, la narrativa fantastica rappresenta un luogo dove conscio e inconscio si incontrano, confrontandosi e comprendendosi. Oltretutto, i racconti fiabeschi espandono il pensiero raffigurativo, l’immaginazione che dimora in ognuno di noi e l’intuizione che ci permettono di fantasticare ed espandere la nostra stessa creatività in senso positivo.

Le fiabe, i miti e le leggende richiamano la connessione tra ciò che è giusto fare, tra quello che si desidera e il modo in cui alla fine agiamo.

Ognuno di noi, quando legge una storia, è messo di fronte ad una scelta: cosa farei io? Cosa proverei? Chissà se… e così via.

Per questo, avendo come comune denominatore il linguaggio simbolico, in particolar modo la fiaba, se letta in chiave terapeutica, innesca processi nei quali i pensieri si configurano in modo comprensibile all’individuo, così come lo sono per i personaggi presenti nella storia.

Quanti, leggendo una fiaba, si sono immedesimati in un personaggio? Quanti, pagina dopo pagina, hanno provato empatia? Quante volte vi siete riconosciuti in lui/lei? La lettura facilita l’esternazione dei sentimenti interiori che proviamo, attua un percorso verso l’armonizzazione degli impulsi discordanti che ci affliggono, “Lo faccio o non lo faccio”, “Devo o non devo”, e così via, basato sul desiderio di riuscita, orientato verso il futuro.

Il “lieto fine”, che generalmente accompagna una fiaba, è da considerare come un “percorso di crescita personale”: assistiamo a una trasformazione del soggetto che domina la propria psiche, ritrovando l’energia per affrontare a testa alta le difficoltà quotidiane.

Come si evince dalla struttura caratteristica tipica di ogni fiaba “Inizio – crisi – soluzione”, allo stesso modo ogni persona affronta il proprio percorso interiore terapeutico.

Qualsiasi lettore legge con l’obiettivo, conscio o inconscio, di dare un senso alla propria vita, al proprio essere, al proprio bagaglio personale, al proprio bisogno di sapere.

In definitiva, tra le altre scienze umane la fiaba, tanto quanto la lettura in generale, è un ottimo strumento socio-psico educativo in grado di rendere la singola esperienza umana comune.

Siamo tutti diversi per carattere, aspetto, modo di agire, pensare e per le nostre esperienze di vita. Ma, allo stesso tempo, condividiamo gli stessi significati: in ogni libro riconosciamo noi stessi, i nostri desideri, le nostre paure.

Le fiabe, come ogni storia narrata, ci emozionano per la realtà costruita che, al contempo, risulta determinante nonché confortante per noi stessi. Tutto ciò è possibile poiché la fiaba aiuta, attraverso le parole, favorendo la comprensione di sensazioni che noi stessi a volte non siamo in grado di esprimere verbalmente neanche a chi ci sta vicino ogni giorno.

Per le ragioni qui spiegate è quindi importantissimo approcciarsi alle fiabe con positività, leggerezza e semplicità, così da intraprendere un percorso benefico efficace per un’autentica trasformazione psicosociale.

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